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Il monitoraggio degli impianti

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Ogni impianto presenta delle variazioni nel tempo di certe grandezze fisiche che, se monitorate con metodo, possono fungere da indicatori di malfunzionamenti. Una corretta attività di manutenzione, oggi, scaturisce da un compromesso: da un lato, è necessario prevenire rotture improvvise di componenti e attrezzature, che potrebbero causare un fermo impianto indesiderato, dall’altro, è necessario, per ovvi motivi economici, sfruttare il più possibile la durata di vita attesa dei componenti stessi.

TP_2011_06Oggi, tuttavia, trovare la soluzione ottimale fra queste due esigenze è possibile, poiché il mercato mette a disposizione un gran numero di strumenti, capaci di captare i “sintomi” dell’imminente cedimento di un componente, permettendo così di intervenire in modo programmato per la sua sostituzione.

Un impianto, infatti, manda dei veri e propri segnali, quali rumori, vibrazioni, sviluppo eccessivo di calore, assorbimenti di potenza anomali, alterazioni di velocità e numeri di giri e così via, che, se adeguatamente letti e interpretati, possono fornire un quadro delle condizioni generali di operatività dell’impianto. Informazioni molto utili, insomma, per pianificare le attività di manutenzione e mantenere nel tempo le prestazioni, la produttività e quindi la redditività dell’impianto.

Saper ascoltare

Fra i principali sintomi che rivelano il funzionamento di un sistema meccanico c’è, sicuramente, il rumore. Un cuscinetto in avaria, una bronzina esausta, così come un problema di lubrificazione, o anche un eccessivo sforzo su un organo rotante, solo per are alcuni esempi, danno luogo alla generazione di vibrazioni, anche nello spettro percepibile dall’orecchio umano. Saper “ascoltare” una macchina è un buon modo per prevenire cedimenti e rotture. Per fare questo, sono disponibili i fonoendoscopi. Questi strumenti sono oggi di tipo elettronico e digitalizzati e sono ingrado di isolare il rumore indagato da quello di fondo dell’ambiente circostante. Algoritmi specifici permettono poi un’analisi delle onde sonore, con strumenti quali l’analisi di Fourier, per capire, mediante la descrizione della funzione d’onda sonora, la tipologia e l’origine della sorgente e quindi prevedere il tipo di guasto correlato. Nel campo delle vibrazioni esistono poi i vibrometri, in grado di fornire dati sulle vibrazioni misurate, comprese velocità e accelerazione della vibrazione e ogni altro dato utile per definire il tipo e la sorgente della vibrazione.

Misurare la velocità

Oltre alle vibrazioni e al rumore, un sistema meccanico ha molti altri parametri che possono essere indagati. Per esempio i numeri di giri al minuto di un organo rotante, che può essere determinato con uno stroboscopio. Lo stroboscopio eroga brevissimi lampi di luce a forte intensità e frequenza, osservando l’oggetto in rotazione e determinandone così la velocità di rotazione. Sempre per la misura della velocità, sia di rotazione sia istantanea, sono utilizzabili anche i tachimetri, sempre più di tipo digitale.

Arrivare ovunque

A volte, per l’ispezione di una macchina, è necessario riuscire a vedere anche dove non è possibile arrivare fisicamente, a meno di non procedere allo smontaggio della macchina stessa. Nel quadro delle attività di manutenzione può essere necessario, inoltre, ispezioanare tubature e condotti, per individuare la presenza di sporcizia, impurità o occlusioni che potrebbero pregiudicare il funzionamento dell’impianto. Per queste situazioni, esistono gli endoscopi, strumenti che, grazie all’uso delle fibre ottiche, possono arrivare, con un tubo flessibile, in punti altrimenti irraggiungibili e fornire all’operatore una visione, mediante immagini, della situazione.

In campo elettrico

Molte volte, un potenziale problema a un impianto industriale può essere rilevato mediante misurazioni sulla parte elettrica: wattmetri, per misurare la potenza, amperometri, per la misura dell’intensità di corrente, voltmetri per la tensione e ohmetri per la misura della resistenza possono dare una diagnosi precisa su correnti di spunto eccessive, assorbimenti di potenza anomali, per esempio da parte di una pompa, rischi di corto circuito e così via. Oggi, tutti questi strumenti sono di tipo digitale e possono essere usati con facilità e in ogni ambiente a bordo macchina.

Quando i macchinari “hanno la febbre”

Se in un macchinario si sviluppa eccessivo attrito, o ci sono dissipazioni di potenza indesiderate, o ancora ci sono problemi di tipo elettrico, viene generato calore. Per esempio, un cuscienetto difettoso tende a creare più attrito, surriscaldando la zona circostante; oppure, per fare un altro esempio, se in un motore elettrico le correnti di spunto o anche di stazionario sono eccessive, si avrà la generazione di calore per effetto Joule. In ogni situazione dove la presenza di calore è indice di un malfunzionamento, la soluzione per l’indagine è una camera termografica. Questi strumenti realizzano immagini a raggi infrarossi dell’impianto e, con un software specifico, possomo creare delle vere e proprie “mappe termiche” dell’impianto e permettere così ai tecnici di localizzare le aree di maggior surriscaldamento, risalendo così alla causa di esso. Le camere termografiche sono molto utilizzate nel monitoraggio delle prestazioni di quadri e motori elettrici. Un’altra soluzione, per il rilevamento delle temperature, è rappresentata dai termometri, a contatto o a raggi infrarossi. Anche con i termometri è possibile localizzare i punti dove la macchina è più calda e trarre da queste informazioni le opportune decisione in materia di manutenzione e anche di sicurezza. Anche un’altra variabile di stato, la pressione, può essere misurata facilmente mediante manometri digitali, per rilevare eventuali malfunzionamenti in sistemi idraulici e penumatici. Una variazione anomala di pressione può essere sintomo di varie problematiche, quali il cedimento di guarnizioni, la presenza di fluido in moto turbolento, a causa di “gomiti” o occlusioni nelle condutture e così via.

I vantaggi del digitale

Oggi, gli strumenti di misura sono in gran parte digitali, o digitalizzati. In altri termini, la misura rilevata non è più riportata su un quadrante a lancetta, di tipo analogico, mediante sistemi meccanici di precisione, ma, con un trasduttore elettronico, la misura viene digitalizzata e riportata, in bit, su un display digitale. Questo ha fatto sì che molti strumenti di misura possono essere dotati di porte seriali, la più comune in questo settore è la RS232, per poter riversare i dati direttamente su un PC, dove un software, fornito dallo stesso costruttore dello strumento, può effettuare l’analisi dei dati e dei segnali.

La manutenzione degli strumenti

In genere, i costruttori degli strumenti corredano i loro prodotti con dei certificati di taratura. Ma anche gli strumenti di misura, necessari, come abbiamo visto, per un corretto monitoraggio di un impianto, necessitano di cura e attenzione, per poter mantenere le loro caratteristiche di precisione e di affidabilità. Gli strumenti di misura digitali sono per questo equipaggiati, mediante il software che li regola, di cicli specifici di taratura, in modo da potere, su comando dell’operatore e a intervalli periodici, recuperare pienamente le loro prestazioni.

Le politiche di manutenzione

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Progettare la manutenzione

Progettare la manutenzione significa determinare il miglior sistema di gestione delle fasi che compongono tale processo, vale a dire trovare il giusto equilibrio tra le varie politiche (tipologie) di manutenzione, che ne massimizzi sia l’efficienza (costi) che l’efficacia (risultati).

La scelta delle politiche di manutenzione deve seguire precise logiche, derivanti dalla conoscenza approfondita degli impianti, dall’analisi dei guasti, da valutazioni di carattere economico sul costo del ciclo di vita dei beni aziendali.

Il manutentore ha sostanzialmente la facoltà di scegliere fra le due fondamentali tipologie di intervento: intervenire a guasto (manutenzione correttiva) oppure anticiparlo (manutenzione preventiva). Deve valutare se sia più conveniente aggiustare quando il guasto ormai è avvenuto oppure sia preferibile organizzarsi per prevenirlo. Non è corretto vedere nella prevenzione la soluzione perfetta, pur essendo ovviamente ed in linea di massima auspicabile: tutte le politiche di manutenzione, sia quella reattiva, a fronte del guasto, sia quella preventiva, magari realizzata attraverso l’impiego di tecniche predittive, hanno la stessa dignità, a patto che siano “scelte”, cioè siano il risultato di una progettazione accorta, che sappia trovare il giusto compromesso fra efficacia (eliminazione delle perdite) ed efficienza (contenimento dei costi diretti ed indotti).

La progettazione della manutenzione porta anche ad individuare le corrette regole di gestione dei materiali tecnici di ricambio: quali tenere a scorta e quali a fabbisogno. Aspetto strategico soprattutto qualora si adotti una politica di manutenzione correttiva, sia per gli aspetti economici legati all’immobilizzo di capitali (rischio di eccesso di stock), sia per quelli tecnici derivanti dalla loro mancanza, con gravi implicazioni sulla disponibilità dei beni aziendali

Il processo di manutenzione

Nel tempo il concetto di manutenzione inteso come singolo intervento sulla macchina o sull’attrezzatura è stato superato. La manutenzione viene considerata come un “sistema”, in quanto coinvolge tutti i processi lavorativi ed organizzativi. Opera in modo integrato con gli altri enti di produzione e deve garantire l’affidabilità degli impianti.

In genere un processo viene descritto ispirandosi al noto circolo virtuoso PDCA di Deming, distinto nelle fasi di Progettazione e Pianificazione (Plan), Esecuzione (Do), Controllo (Check) e Miglioramento (Act). Il processo di manutenzione rispetta esattamente questo modello ed inizia con la fase di progettazione.

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Le Politiche di manutenzione

Progettare la manutenzione significa scegliere le politiche di manutenzione più idonee per bilanciare le esigenze di efficacia ed efficienza del sistema: bisogna seguire precise logiche derivanti dalla conoscenza approfondita degli impianti, dall’analisi dei guasti (tipologie di guasto, distribuzione del tasso di guasto), da valutazioni di carattere economico relative al costo del ciclo di vita di macchine ed impianti che costituiscono il patrimonio aziendale. Quali sono le principali politiche di manutenzione?

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Manutenzione correttiva

La manutenzione correttiva o a guasto viene eseguita a seguito di una avaria ed è volta a riportare un’entità nello stato in cui essa possa eseguire la funzione richiesta. Essa risponde quindi all’esigenza di riparare le macchine per allungare la loro vita utile produttiva: si basa sull’attesa che compaia un guasto e sul successivo intervento dei tecnici per la riparazione e il ripristino della funzionalità originale. Questo modo di affrontare il tema della manutenzione prevede di lasciare la macchina in esercizio fintanto che il manifestarsi o il progredire di una anomalia costringa il conduttore a fermare la macchina. Questa strategia presenta degli aspetti contrastanti: il fattore positivo è rappresentato da un costo di manutenzione e di fermo macchina pressoché nullo fintanto che la macchina funziona.

Se applicata in modo indiscriminato emergono fattori negativi che non sono trascurabili e che possono essere sintetizzati in:

  • elevata perdita di ricavi dovuti al fermo macchina per guasto;
  • imprevedibilità dell’ intervento e quindi delle eventuali operazioni di deviazione del flusso produttivo in corso;
  • probabile elevato costo di riparazione; un guasto ad un componente che si protrae per molto tempo può avere effetti dannosi a catena e danneggiare altri componenti della macchina.

Una strategia correttiva, che rappresenta l’ approccio più tradizionale della manutenzione, conserva una sua validità qualora le tipologie di guasto siano facilmente riparabili e si operi in un contesto produttivo in cui il fermo macchina non comporta gravi danni al ciclo produttivo generale. E’ il caso di avarie a macchine singole, facenti parte di un gruppo di unità intercambiabili, il cui ruolo nel processo produttivo può essere facilmente ricoperto da un’ altra macchina gemella.

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Manutenzione preventiva ciclica

La manutenzione preventiva è definita come la manutenzione volta a ridurre le probabilità di guasto o il degrado del funzionamento di una entità, grazie ad una programmazione di interventi eseguiti a intervalli predeterminati o abbinata a criteri prescritti e guidati da tecniche predittive. Essa prevede la sostituzione a tempo di un certo componente della macchina, in modo tale da prevenirne il cedimento incontrollato. Questa soluzione viene adottata in particolari situazioni; in caso di gruppi funzionali che operano in aziende di processo a ciclo continuo e la cui interruzione del servizio possa provocare effetti gravissimi sulla sicurezza e salute delle persone, dell’ambiente o degli impianti e per i quali non sia possibile adottare tecniche predittive: oppure nel caso opposto, in cui il costo dell’ispezione sia superiore a quello del componente stesso. La possibilità di programmare un intervento di manutenzione consente una migliore organizzazione del lavoro di manutenzione e garantisce la possibilità di gestire la fermata della macchina nella maniera più conveniente. Appare chiaro che la manutenzione ciclica è efficace quando il guasto presenta una certa regolarità di accadimento

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Manutenzione su condizione

In molti casi però risulta difficile da prevedere l’accadimento di un guasto, per cui non è conveniente applicare in modo rigido la manutenzione programmata, in quanto si rischia di sostituire un componente la cui vita utile è tutt’altro che terminata. La strategia di monitoraggio su condizione, effettuata mediante verifiche ispettive periodiche, tende ad individuare lo stato di un componente che potenzialmente potrebbe provocare il guasto. Una manutenzione su condizione, basata sul monitoraggio attraverso ispezioni programmate, può portare un vantaggio rispetto alle precedenti politiche in termini di :

  • riduzione dei costi di manutenzione;
  • aumento della disponibilità operativa delle macchine;

Il monitoraggio delle condizioni può essere definito come un metodo che indica lo stato di salute della macchina utilizzando parametri che evidenziano i cambiamenti avvenuti nel tempo nella macchina stessa. La tipologia di ispezioni può variare da quella visiva a quella strumentale, a seconda della tipologia di macchina e della sua criticità nel processo produttivo.

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Manutenzione predittiva

Un ulteriore passo verso l’obiettivo di ottimizzare gli interventi di manutenzione preventiva consiste nell’adottare tecniche di manutenzione predittiva: esse si basano sulla possibilità di riconoscere la presenza di una anomalia in stato di avanzamento attraverso la scoperta e l’ interpretazione di segnali deboli premonitori del guasto finale. Il segnale, quando riconosciuto, entra poi a far parte di quei fattori che possono essere monitorati attraverso ispezioni continue o periodiche e quindi nella sfera di influenza della manutenzione preventiva (su condizione o programmata). Contrariamente alla manutenzione su condizione, l’idea di base della predittiva si fonda su un controllo dello stato delle apparecchiature tale da non interrompere il loro normale funzionamento ma da segnalarne anticipatamente ed in modo continuo il progressivo degrado. Lo scopo della manutenzione predittiva è quello di minimizzare, attraverso lo sviluppo di metodologie flessibili e affidabili di rilevamento della condizione, il numero di ispezioni o di revisioni che potrebbero a loro volta dare luogo a guasti o deterioramenti. Tra i fattori che sono utilizzati per una diagnosi dello stato del sistema ricordiamo quelli più importanti o che comunque forniscono il maggiore numero di informazioni: analisi delle vibrazioni, analisi termografiche, analisi chimico fisica degli oli che in base ai residui presenti individua quali componenti si stanno usurando.

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Manutenzione produttiva

Con la manutenzione produttiva si compie un ulteriore passo verso l’integrazione tra operatività, arricchita dall’esperienza e conoscenza diretta di processi ed impianti di produzione, e capacità di progettare e realizzare idee di miglioramento. Basandosi su sinergie con funzioni tecniche interne ed esterne all’azienda, la manutenzione produttiva è una politica volta a migliorare le prestazioni degli impianti, in esercizio e futuri, attraverso la crescita della loro manutenibilità; attraverso l’elaborazione di procedure di controllo e specifiche tecniche per la definizione e l’acquisto di nuovi impianti, la manutenzione operativa collabora con le tecnologie per l’ingegnerizzazione delle nuove linee di produzione o la modifica delle precedenti. Con la fabbrica snella si consolida il nuovo approccio tecnico e gestionale alla manutenzione, sviluppato in Giappone con la TPM (Total Productive Maintenance), in cui essa non è più vista come una funzione aziendale accessoria alla produzione, ma viene riconosciuta quale parte fondamentale di un sistema integrato, finalizzato alla ottimizzazione delle prestazioni attraverso il coinvolgimento di tutte le risorse.

I ricambi di manutenzione

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I beni strumentali che utilizziamo per erogare servizi per fabbricare prodotti, sono costituiti da componenti che col tempo perdono la loro funzionalità per varie ragioni: rottura, usura, corrosione, decomposizione, etc.. Ciò causa la necessità di sostituire tali componenti affinché i beni stessi possono continuare a compiere le loro missioni, cioè le funzioni per cui sono stati costruiti e acquistati.

Alcuni di tali beni sono molto semplici strutturalmente e anche economici, cosicché non è convenienza a ripararli, essi vengono per questo denominati: componenti “non riparabili”. La maggior parte però dei beni strumentali sono assai complessi e costosi, per cui sarebbe impensabile non ripararli, quando funzionamento in modo anomalo o addirittura sono guasti e non funzionano affatto

Sorge così la duplice necessità di poter intervenire con risorse di vario genere (umane, materiali economiche) per poter riportare alle condizioni di funzionamento il bene che non lo è più.. Evidentemente la funzione che presiede quest’attività di riparazione è la manutenzione, la quale però deve poter contare su componenti disponibili per rimpiazzare quelli che si sono guastati a bordo del bene strumentale.

Le attività basilari

In questo articolo non ci occupiamo però della manutenzione, ma di tutto ciò che riguarda la gestione dei componenti detti comunemente ricambi e più precisamente materiali tecnici; con questo termine s’intendono oltre ai ricambi, anche altri prodotti che non sono deputati alla sostituzione, bensì sono di supporto al buon funzionamento degli impianti (lubrificamiti, decapanti, collanti, etc.). Provvedere alla disponibilità di materiali tecnici significa occuparsi di un processo dalle caratteristiche eminentemente logistiche, tuttavia nell’ambito aziendale non è sempre la logistica che si occupa dell’approvvigionamento e della gestione di tale materiale di ricambio; a seconda dell’organizzazione aziendale assegna questo in carico alla manutenzione, acquisti, produzione oppure costituisce una funzione ad hoc.

Entrando più nel vivo della disciplina: materiali tecnici per la manutenzione, occorre considerare le attività fondamentali in cui si decompone il processo che rende disponibili i ricambi al momento e nel luogo opportuni.

Occorrerà per esempio dotarsi di un sistema di codifica con cui poter associare una sigla a ciascun componente fisico, che permetta di denotarne le caratteristiche salienti, la sua ubicazione all’interno del magazzino e altri dati di carattere tecnico gestionale. Fondamentale è la scelta dei materiali da tenere magazzino, per questo scopo occorre considerare quali siano i guasti potenziali la cui riparazione comporti la sostituzione della componentistica. A tal fine giova riferirsi allo storico dei consumi di ricambi già presenti in azienda, qualora effettivamente l’azienda abbia già una storia di ricambi di manutenzione. Nel caso più generale, si rende necessario analizzare, ad esempio col metodo FMECA, le anomalie potenziali del mezzo di lavoro che comportano l’utilizzo di ricambistica.

Proseguendo con l’analisi del nostro processo riscontriamo la necessità d’individuare una rosa di fornitori potenziali di materiali e di stabilire con essi un sistema solido di contrattualistica che ne regoli i rapporti commerciali. Proseguendo ulteriormente compare il ricevimento dei materiali dall’esterno, sui quali è bene effettuare un controllo, quantomeno visivo ma ancora meglio se documentale o, se del caso, addirittura un collaudo (per collaudo s’intende una prova funzionale). A questo punto il ricambio è giunto a magazzino per cui necessita poterlo gestire cioè sistemarlo su apposita scaffalatura e curarlo nel tempo, affinché non degeneri per il semplice motivo che si trova a magazzino, ma anche poterlo poi fornire al manutentore nel momento in cui questo lo richieda, siamo quindi nella fase di gestione operativa di ricambi di magazzino. Poiché, come già detto, i materiali tecnici hanno un’implicazione non solo tecnica ma anche amministrativa, non bisogna dimenticare di mettere a punto quell’insieme di norme e comportamenti che permettono la gestione amministrativa del magazzino. A questo riguardo intervengono anche leggi dello stato e pertanto concetti di natura tipicamente fiscale e finanziaria.

Vista l’importanza della materia, già alcuni anni l’UNI si occupò della materia e in seno alla propria Commissione Manutenzione, venne emanata una norma specifica, suddivisa in sei parti, si tratta della norma UNI 10749 Guida per la gestione dei materiali per la manutenzione.

Come sempre la norma non ha l’unicità e la coerenza del testo scritto da un unico autore, per contro gode del beneficio che deriva dalla fusione di esperienze maturate in comparti aziendali di natura diversa.

Tale norma è composta da sei parti, ciascuna con la propria specifica definizione:

  1. Aspetti generali e problematiche organizzative
  2. Criteri di classificazione, codifica e unificazione
  3. Criteri per la selezione dei materiali da gestire
  4. Criteri di gestione operativa
  5. Criteri di acquisizione, controllo e collaudo
  6. Criteri amministrativi

Sin qui abbiamo parlato dei materiali tecnici indipendentemente dalla politica manutentiva prescelta dall’azienda, con questo si intende dire che quanto sopra descritto è indipendente da politiche manutentive quali: Reliability Centered Maintenance, Total Productive Maintenance od altro ancora. E’ bene a questo punto menzionare che, per esempio, la Total Productive Maintenance considera a fondo il magazzino ricambi, per esempio proponendo l’applicazione delle cinque S per ottenere un magazzino ordinato e snello, in modo che il capitale circolante ad esso associato (il cosiddetto immobilizzo) sia il più contenuto possibile e al tempo stesso la fruizione dei ricambi sia esaustiva, rapida e ordinata.

Nascono così due esigenze tra loro in conflitto cioè quella di avere poco capitale congelato nel magazzino e molta disponibilità di ricambi al momento opportuno. Una serie di indicatori specifici, anche questi trattati in una specifica norma, la UNI , permettono di avere una chiara visione del processo e di mantenere sotto controllo queste due esigenze tra loro contrastanti.

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Sul piano puramente economico occorre considerare che il costo che grava sul magazzino non è unicamente quello di acquisto dei materiali ivi contenuti; ma anche quelli necessari alla immancabile gestione e conservazione degli stessi, cioè il fatto che occuperanno uno spazio che sarà in una zona per definita, riscaldata, illuminata e sarà anche oggetto di una gestione di tipo informatizzato. Si capisce così facilmente che il costo della gestione del magazzino è costituito da vari fattori gravanti sul costo complessivo di ciascun ricambio.

Qualche strumento

Vi sono due approcci fondamentalmente diversi di gestire la ricambistica. Osserviamo innanzitutto che ciò di cui serve disporre è il ricambio al momento in cui occorre eseguire una sostituzione di un componente, in seguito a un guasto o a un intervento preventivo. Questa considerazione ci porta a concludere che i materiali tecnici non debbono necessariamente essere di proprietà dell’azienda prima dell’evento di sostituzione. In altre parole sarebbe sufficiente acquistarlo prima di utilizzarlo, anziché acquistarlo per tenerlo a magazzino (in gergo ”a scorta”). In effetti le due alternative di gestione sono: a scorta (stoccaggio a magazzino) e a fabbisogno (acquisto a ridosso del momento previsto d’impiego). La scelta tra tali alternative attiene alla politica aziendale e alla ricerca dell’ottimo economico. Nella pratica ambedue le gestioni convivono e sono legate a sua volta alle politiche manutentive nel seguente modo:

manutenzione a guasto  >    prevede gestione a scorta

manutenzione preventiva   >   permette gestione a fabbisogno.

La gestione a scorta risulta solitamente la più impegnativa e onerosa, ma è irrinunciabile per fronteggiare il guasto imprevisto che richiede una immediata riparazione.

Miglioramento continuo

La gestione a scorta deve essere oggetto di miglioramento continuo, teso a contenere i costi gravanti sul magazzino. Uno strumento utile per orientare il miglioramento è l’analisi di Pareto applicata alla numerosità (o al valore) dei ricambi per ciascuna tipologia. Il risultato di questo studio è una costante, indipendente dal tipo di azienda; si perviene sempre a una curva, la cumulata della numerosità (o del valore) dei ricambi per tipologia come illustrata in figura. Risulta semplice suddividere tale curva in tre parti:

A – ricambi che esprimono il 80% della giacenza (quantità di oggetti fisicamente presenti a magazzino)

B – ricambi che esprimono il 10% della giacenza tra 80% e 90%

C – ricambi che esprimono il 10% della giacenza tra 90% e 100%.

Si ottengono così indicazioni sulle voci di cui ridurne la numerosità, quelle del segmento A.

Si può procedere in modo analogo per evidenziare le voci che rappresentano lo 80% dell’immobilizzo.

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La rilevanza finanziaria

Da un punto di vista puramente finanziario il magazzino ricambi è assimilabile a una cassaforte cioè a una riserva, in quanto non si tratta di investimento perché i beni ivi immagazzinati non producono benefici economici ma, servono per garantire la continuità funzionale di mezzi di produzione o servizio. Sorge una domanda: perché la Finanza pubblica si preoccupa del magazzino ricambi? La risposta è alquanto semplice: la costituzione del magazzino potrebbe rappresentare un occultamento di profitti ottenuti dall’azienda, cioè l’azienda potrebbe costituire un tesoro, il magazzino appunto, occultando utili e pertanto non corrispondendo la debita imposta fiscale.

Uno sguardo al futuro

Un punto critico della gestione dei materiali è la corrispondenza della giacenza inventariale reale e quella riportata dal sistema informativo (giacenza contabile). La discordanza tra i due valori non è purtroppo rara nel panorama industriale; ciò comporta perdita di fiducia del sistema informativo e conseguentemente la necessità di ricorrere con maggior frequenza all’aggiornamento dell’inventario. Accade che il tecnico, incaricato di preparare gli interventi preventivi, debba recarsi a magazzino e verificare personalmente la presenza dei ricambi occorrenti, sottraendo a costui tempo prezioso da dedicare ad attività a maggior contenuto (da verifiche eseguite dall’autore si riscontrano sprechi di tempo pari a 1/3 dell’intera giornata lavorativa). La causa della discrepanza tra giacenza effettiva e contabile risiede nella mancanza di una registrazione scrupolosa di prelievi dal magazzino. La contromisura da attuare per contrastare questo problema, consiste nella formazione di coloro che prelevano a magazzino, manutentori in primis, affinché diventino coscienti dell’importanza di una contabilità rigorosa.

Recentemente si affaccia un’altra possibilità per superare l’impasse, la via tecnologica. Essa propone l’uso di etichette RFID (Radio Frequency IDentification) da associare al ricambio corrispondente. In questo modo registrare il prelievo di un componente diventerebbe molto semplice e, in certi casi automatizzabile. Nella fase transitoria, dall’attuale a quella futura RFID, si diffonde sempre più l’uso del codice a barre scritto su etichetta apposita.

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Conclusione

Gestire i materiali tecnici richiede la conoscenza di metodiche precise e complesse, la capacità di interfacciarsi con altre funzioni aziendali. Il magazzino è spesso ritenuto uno strumento non fondamentale, eppure è un tesoro che permette di fronteggiare interruzioni impreviste del servizio principale. Questo tesoro deve essere costantemente monitorato e migliorato, affinché funzioni al meglio, riducendo le perdite per mancata produzione, senza lasciar ingigantire i costi a causa di un eccessivo stoccaggio.

Vocabolario 4.0

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Sui media il termine Industria 4.0 è ormai quasi abusato, citato, più o meno a proposito, da politici e giornalisti, industriali e sindacalisti: è il destino delle sigle o slogan di successo (ricordate TPM, six sigma,…?) … tutti ne parlano, ma quanti le conoscono realmente, magari per averla studiata o per esperienza diretta? Per fortuna il sito ideato e prodotto da Class Editori quattropuntozero.info, sicuramente uno strumento di riferimento per entrare nel clima Industria 4.o, ha ben pensato di curare un utilissimo vocabolario 4.0 che raccoglie i termini che vengono citati nella nuova metodologia. Partiamo quindi dal termine che identifica il nuovo modello industriale.

Industria 4.0

Identifica un’iniziativa dell’industria dell’ automazione tedesca avviata nel 2011 con l’obiettivo di definire una strada maestra per lo sviluppo delle aziende manifatturiere nella Internet age. Una naturale evoluzione basata su un nuovo scenario tecnologico in cui esseri umani, macchine e oggetti per la gestione intelligente dei sistemi sono e saranno sempre più collegati in tempo reale.

Additive Manufacturing

Una serie di processi di fabbricazione additiva che consentono di realizzare oggetti tridimensionali a partire da un modello digitale, depositando progressivamente materiale strato su strato. Si contrappone alle tradizionali tecniche di produzione sottrattiva e rappresenta una vera e propria integrazione tra mondo reale e mondo virtuale.

Augmented Reality

Insieme di fenomeni di arricchimento della percezione sensoriale umana spesso prodotti attraverso elettronica e tecnologie digitali. La persona coinvolta resta a contatto con la realtà fisica, che viene però integrata con informazioni e input aggiuntivi.

Big Data and Smart Data

Una raccolta incredibilmente estesa in termini di volume, velocità e varietà, che comprende dati strutturati e non, la cui estrazione richiede metodi analitici e tecnologie sempre più sofisticate. La sfida attuale consiste nel trasformare i big data in smart data: informazioni intelligenti, nuove e utili, che diano vantaggio competitivo e siano perfettamente fruibili per il cliente.

Cloud Computing and Data Analytics

Insieme delle tecnologie che permettono di elaborare, archiviare e memorizzare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware e software distribuite nella rete. Attraverso il loro utilizzo si ottiene una riduzione di costi oltre che un miglioramento dei servizi associati al prodotto.

Cyber Physical System

L’industria 4.0 è la teorizzazione di un paradigma manifatturiero basato sul concetto di Cyber Physical System (CPS), ovvero sistemi informatici in grado di interagire con i sistemi fisici in cui operano; tali sistemi sono dotati di capacità computazionale, di comunicazione e di controllo.

Cyber Security

Insieme di tecnologie, processi e pratiche aventi lo scopo di proteggere gli asset informatici da possibili attacchi esterni o interni che potrebbero provocare danni diretti o indiretti di notevole impatto.

Digital Enterprise

Un’azienda nella quale l’IT assume un ruolo determinante nella definizione della propria strategia di business. Tutti i processi di creazione del valore, fino anche al coinvolgimento dei fornitori, sono rappresentati e gestiti in modo digitale e strettamente interconnessi.

Digitalizzazione

Indica l’utilizzo delle tecnologie digitali per modificare un modello di business e fornire all’impresa opportunità in termini di creazione di valore. In sostanza riassume il processo di transizione verso un business digitale.

IoT e Industrial Internet

Internet connette anche le “cose”. Dispositivi e macchine si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza tanto da poter trasferire in rete dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da altri. Nella comunicazione, raccogliendo quanto a loro necessario e fornendo quanto disponibile, guadagnano così la possibilità di svolgere alcune attività in modo autonomo.

Meccatronica

Meccanica connessa all’elettronica, uguale meccatronica. In particolar modo rappresenta l’integrazione stretta tra meccanica, elettronica e informatica e dunque l’impiego di sistemi elettronici per controllare il movimento di organi meccanici. Rientrano in questa categoria gli attuatori (regolatori, convertitori e trasformatori di energia) i sensori ed i dispositivi di controllo o regolatori.

Motion Control

È l’insieme delle tecnologie e dei dispositivi che guidano gli strumenti meccanici in movimento, un fattore chiave che influisce sulle prestazioni della macchina. Le soluzioni tecnologiche del motion control permettono di realizzare macchine in cui il coordinamento tra gli organi in movimento è ottenuto tramite sistemi elettronici, anziché tramite i tradizionali sistemi meccanici di distribuzione del moto (ad esempio cinghie o ruote dentate).

Personalizzazione

Le tecnologie IoT renderanno disponibili in tempo reale una grande mole di informazioni sui clienti, per esempio in merito alle modalità di utilizzo/fruizione di prodotti e servizi, dati biometrici, stili di vita, ecc. Sarà quindi possibile definire i bisogni dei clienti eseguendo un targeting spinto dal mercato.

Predictive maintenance system

Si tratta di un sistema che, grazie all’impiego di un hardware specifico, a sensori e ad algoritmi predittivi e con l’impiego di tecnologie abilitanti in ambito IoT (Big data, Cloud computing, Machine Learning), consente di massimizzare l’efficacia delle attività di manutenzione dei clienti, intervenendo da remoto e riducendo fermi macchina e costi di manutenzione.

Reshoring

Si intende la decisione di riportare nel paese di origine dell’azienda le attività produttive in precedenza delocalizzate all’estero (off-shoring). In tal senso, si considerano sia le produzioni svolte all’interno di stabilimenti di proprietà che quelle affidate a fornitori esterni (out-sourcing).

Simulation

Consente di definire la geometria del prodotto e simularne il comportamento nei più svariati modi, senza bisogno di costruire e utilizzare prototipi fisici. Attraverso la realizzazione dei digital twin, o copie digitali, del prodotto un’ampia gamma di varianti possono essere confrontate, testate e valutate. Tutto in modo virtuale.

Time to Market

E’ il tempo necessario per introdurre sul mercato un nuovo prodotto. È un termine molto utilizzato nell’industria 4.0. Infatti, per via della possibilità sempre più avanzata della prototipazione digitale e reale (tramite la stampa 3D) il tempo necessario, dalla sua idea iniziale al momento in cui viene commercializzato, si riduce.

Wearable Technologies

Sono dispositivi e sensori indossabili. Costituiscono un esempio di IoT dal momento che sfanno parte di oggetti fisici (come orologi e braccialetti smart) o “cose” integrati con elettronica, software, sensori e connettività per consentire agli oggetti di raccogliere e scambiare quantità di dati con un produttore, un operatore o altri dispositivi collegati senza richiedere l’intervento umano.

L’Ordine di lavoro nella gestione informatizzata della Manutenzione – parte 2

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La Richiesta/Ordine di Lavoro

Dopo aver realizzato il sistema di riferimento che ci permetterà di emettere ed elaborare la richiesta in questione, entriamo nel vivo della medesima. Segnaliamo innanzitutto che alcuni SW usano l’espressione RdL altri l’espressione OdL, altri entrambe, con significati sequenziali. Vediamo le definizioni UNI, che tengono conto ovviamente di tutti i possibili scenari.

UNI 10147.12.8 – 2003 Richiesta di Lavoro (RdL) : istruzione* con la quale si richiede l’intervento di manutenzione che deve essere fatto.

UNI 10147.12.5 – 2003 Ordine di Lavoro (OdL): istruzione* che attiva l’intervento di manutenzione a seguito di una richiesta di lavoro.

Istruzione*: può essere un documento cartaceo, una richiesta fatta attraverso supporti elettronici oppure richiesta verbale.

Di seguito gli scenari di emissione più diffusi:

  • RdL seguita da OdL. Si utilizza preferenzialmente questa modalità quando la richiesta di lavoro deve essere autorizzata per diventare esecutiva. Tipico ad esempio della manutenzione in regime di Global Service (completamente terziarizzata) o di Service più o meno spinto. Vi sono comunque SW che tracciano d’ufficio coi due passaggi la presa in carico della RdL. La chiusura dell’attività a lavoro eseguito richiede poi i due passaggi a ritroso.
  • Emissione della sola RdL. La tracciatura della presa in carico avviene definendo degli “stati di avanzamento” corrispondenti alle varie fasi di esecuzione del lavoro. E’ il sistema più utilizzato anche perché esiste comunque la possibiltà di inserire la fase di autorizzazione, ma gestione e chiusura sono più snelli.
  • Emissione del solo OdL, che coincide con la RdL di cui sopra. E’ solo una questione di terminologia. Noi sconsigliamo questo scambio di acronimi, in quanto UNI dà due definizioni distinte dei medesimi, che non dovrebbero quindi essere usati l’uno per l’altro. Tuttavia UNI non è cogente.

Chi scrive raccomanda di far riferimento al secondo scenario; questo sia per semplicità sia perché in ogni caso il primo passo per qualificare il “fabbisogno di manutenzione” resta sempre la RdL. Sottolineiamo “primo passo”, perché tutta la filiera del fabbisogno (quantificazione economica e temporale, problematiche e consuntivazione finale) è correlata univocamente alla RdL.

Come emettere la RdL

E’ quanto mai consigliato procedere per gradi o, meglio, per affinamenti successivi. Si raccomanda allo scopo di sviluppare l’Equipment Tree su Aree-Pilota prima di eseguire la mappatura di tutte le Unità Produttive. Le Aree Pilota devono essere rappresentative delle fasi del Processo, in modo da poter “clonare” il più possibile le esperienze fatte sulle medesime. Analoga fase sperimentale è raccomandabile anche per la messa a punto della “maschera” di emissione della RdL, che sarà testata ovviamente sulle Aree-Pilota di cui sopra. Per esperienza di chi scrive, il metodo più semplice consiste nell’utilizzare allo scopo un foglio Excel opportunamente organizzato, nonchè strutturato in modo da poter essere importato con facilità dai SW commerciali “definitivi” più diffusi. Aggiungiamo che la fase sperimentale su Excel di Equipment Tree e maschera di emissione RdL è particolarmente utile per una scelta più consapevole del SW definitivo stesso.

La Figura 2 riporta un’impostazione elaborata dallo scrivente sulla base di esperienze dirette e generalmente utilizzabile in qualsiasi settore merceologico. Se i dati immessi sono completi e veritieri, l’uso dei “filtri” di Excel permette di effettuare queries già notevolmente significative, specie per l’analisi dei dati di fermo e guasto in seguito a interventi di Manutenzione Correttiva.

Precisiamo inoltre che alla configurazione step by step dell’RdL partecipano sia il richiedente che l’esecutore, immettendo ciascuno i dati di propria competenza. Le informazioni dovranno essere congruenti. Pertanto la supervisione “educativa” e formativa da parte dell’Ingegneria di Manutenzione (IdM) non dovrà mai mancare e non solo nella fase sperimentale. Se la supervisione non è costante e collaborativa il processo di “data collection” si deteriora rapidamente, con buona pace del “completo e veritiero” sopra auspicato.

f2Figura 2

Contenuti delle colonne

N°RdL: è il numero progressivo della Richiesta di Lavoro. Il SW definitivo effettuerà la numerazione in automatico.

Codice posizione: è il codice di posizione riportato sull’Equipment Tree. Chi emette la RdL deve avere sempre a portata di mano l’Equipment Tree stesso. L’ideale sarà confezionare un documento Excel a più fogli, in modo da poter “chiamare” l’Equipment Tree in tempo reale, copiare il codice di posizione e incollarlo nella colonna in oggetto. E’ importante che il codice sia quello del livello di dettaglio più “spinto” disponibile sull’Equipment Tree. Se non lo fosse, la supervisione da parte di IdM se ne accorgerà e si cercherà di approfondire e correggere col Richiedente. Ciò contribuirà alla sua formazione, dandogli la percezione sia di non essere abbandonato sia del fatto che deve pensare con attenzione all’oggetto di manutenzione per cui chiede l’intervento.

Data evento: se la politica di manutenzione relativa alla riga che si sta compilando è la Correttiva (a guasto), la data coincide con la data di emissione della RdL. Se invece la RdL riguarda un’attività programmata, la data può essere diversa. Deciderà il Gruppo di Lavoro operante sull’Area-Pilota. A regime la data sarà immessa in automatico per i lavori non programmati, mentre per i PMP (Piani di Manutenzione Programmata) sarà l’Ingegneria di Manutenzione a definire ed immettere gli scadenziari. Ne tratteremo sul prossimo numero.

Richiedente: è il nominativo o il riferimento univoco (es. matricola) di chi richiede il lavoro. Può essere un appartenente a qualsiasi Funzione aziendale, purchè abilitato. Salvo emergenze palesi, non è pensabile fermare un manutentore “che passava di lì” e chiedergli di intervenire. Anche il pronto intervento deve essere richiesto tramite RdL, proprio perchè lo scopo ultimo del “Progetto Manutenzione” è segnatamente quello di spostare risorse dalle attività non programmate verso attività programmate. Ogni informazione sui fabbisogni non programmati è quindi preziosa per analizzarla e ridurli al minimo, sempre ovviamente in ottica di economicità.

Descrizione Intervento: è l’unico campo libero per tutte le politiche di manutenzione. Chi effettua li lavoro immette le informazioni che ritiene più utili, comprese le cause del guasto (se si tratta di manutenzione Correttiva) e se ritiene di immetterle. Si noterà che manca una colonna specifica, con le causali codificate e il relativo campo obbligato. La mancanza è voluta, in quanto l’esperienza di chi scrive dà per preferibile analizzare le cause di guasto in sede opportuna e, in fase di RdL, concentrarsi su altre informazioni che è bene cogliere “a caldo”. In questa fase, sempre per esperienza in campo, è molto più importante e ricco di contenuto informativo cogliere il componente elementare da cui il guasto ha avuto origine, come vedremo commentando i contenuti delle colonne “Codice Componente” e “Descrizione Componente”.

Esecutore: è il nominativo o il riferimento univoco (es. matricola, codice Fornitore etc.) di chi esegue il lavoro. E’ importante poter selezionare le attività svolte da personale interno, sia di manutenzione che di produzione (in sede di manutenzione autonoma o Automanutenzione) e le attività invece terziarizzate. Chiaramente il foglio Excel permetterà un dettaglio limitato, mentre il SW definitivo consentirà di avere una visione completa delle risorse necessarie per l’esecuzione del lavoro richiesto. Un buon SW permetterà anche di verificare eventuali scostamenti tra quanto preventivato e quanto consuntivato, di fare confronti tra fornitori, ricerche etc.

Politica di Manutenzione: Si raccomanda di creare una tendina con voci precostituite, in modo da agevolare sia il richiedente sia chi elaborerà le informazioni. Le voci raccomandate, almeno in questa fase, sono:

Manutenzione Correttiva; Manutenzione Preventiva Ciclica; Manutenzione Predittiva; Manutenzione Migliorativa, Assistenza all’Esercizio.

Per le definizioni, si rimanda alle Norme UNI. L’Assistenza all’Esercizio, a rigor di termini, non è una Politica di Manutenzione. Tuttavia talvolta è necessario, opportuno, conveniente etc. che la Manutenzione affianchi l’Esercizio per i più disparati motivi. A titolo esemplificativo e non esaustivo: attrezzaggi, pulizie tecniche, fermate/riavviamenti, start-up di nuovi impianti etc. Un caso interessante è la supplenza in manuale di perdita di automazione. Vedasi a tal proposito più avanti, quando si trattano gli “Effetti sul Processo”. L’impiego di risorse manutentive per necessità produttive deve essere comunque mappato, sia perché spesso segnale di una situazione anomala sia in quanto non sarebbe corretto scaricarne i costi sul già risicato budget della manutenzione.

Codice Componente e Descrizione Componente: come anticipato in Figura 1 (riquadro in rosso sopra l’ultima colonna di destra), invece di appesantire l’ET spingendolo a gradi di dettaglio onerosi e di difficile lettura da parte degli operatori, si raccomanda l’utilizzo di  “Flags” con liste codificate di “componenti elementari”, da utilizzarsi per selezionare ed immettere i componenti elementari (codice e descrizione) a corredo delle RdL relative alla Manutenzione Correttiva e non solo. Questo comporta numerosi vantaggi:

  • Si arriva a un dettaglio molto spinto senza appesantire l’Equipment Tree
  • Ogni “Flag” è valido per tutta l’Azienda: il medesimo componente elementare, ad esempio un fusibile, può essere operativo dovunque. ATTENZIONE: inserire o rimuovere un elemento dovrà essere di esclusiva competenza del System Administrator, supportato dall’ingegneria di Manutenzione, in modo da garantire la costante congruenza dei codici. I componenti saranno sempre descritti in ordine alfabetico, i codici non saranno necessariamente in progressione, se non alla prima stesura.
  • Si fornisce lo spunto di partenza per un’analisi del guasto rigorosa (vedere la voce “Descrizione Intervento” sopra commentata)
  • Si può creare un link con la Gestione Ricambi ( ovviamente a regime, col SW definitivo)
  • Si possono selezionare facilmente i componenti più critici

Ora inizio, Ora fine e Durata intervento: si tratta di informazioni quanto mai delicate, difficili da inquadrare e molto spesso anche da ottenere. Specialmente nel dominio della Manutenzione Correttiva (a guasto), quantificare i tempi effettivi di indisponibilità è per lo meno laborioso. Per contro, il pay back del costo delle possibili contromisure al guasto stesso è mediamente di gran lunga più coperto dal valore delle perdite di produzione (in quantità e/o qualità) che dal costo dell’intervento manutentivo vero e proprio. L’Ingegneria di Manutenzione ha necessità di conoscere quanto tempo trascorre dalla percezione dell’anomalia al ritorno alle condizioni produttive standard. Tale tempo complessivo misura la effettiva reattività del sistema ed è costituito dalla sommatoria di una serie di tempi, la cui analisi dettagliata è altrettanto importante ma sarà effettuata in sede opportuna.

Ore uomo impiegate: è un’informazione utile qualunque sia la Politica di Manutenzione attivata dalla RdL; permette di quantificare le risorse umane necessarie all’esecuzione del lavoro. Ovviamente il dato coincide col tempo di intervento solo se questo sarà eseguito da una sola persona. Se ho un fermo macchina di un’ora e sono intervenute più persone i due dati saranno diversi.

Effetto sul Processo: è uno dei dati più importanti per l’Ingegneria di Manutenzione, specie se la RdL è una richiesta di Manutenzione Correttiva. Anche qui, come nel caso della “Politica di Manutenzione”, si raccomanda di creare una tendina con voci precostituite, in modo da agevolare sia il richiedente sia chi elaborerà le informazioni. Le voci raccomandate, almeno in questa fase sono: Nessun effetto; perdita di velocità; perdita di qualità; fermo macchina/impianto; perdita di automazione; ambiente; sicurezza.

Osservazioni sulle due voci meno ovvie.

  • Nessun effetto. Se il fabbisogno di manutenzione non ha avuto effetti sul processo (ad esempio la fermata di una pompa con pompa di riserva, l’avaria di una scheda elettronica con back-up caldo etc), l’evento può comunque essere un sintomo di “disagio” e deve essere tracciato in quanto si è comunque trattato di un guasto.
  • Perdita di Automazione: è a volte possibile sopperire “in manuale” ad avarie, più frequentemente elettro-strumentali, che comportano perdita di automazione. Ad esempio: loop strumentali per trasferimento liquidi e robot “pick & place nel packaging. Con un po’ di buona volontà e per brevi periodi, in determinati casi è possibile sopperire. Come accennato quando si è trattato delle “Politiche di Manutenzione” si può ricorrere temporaneamente al contributo operativo anche da parte dei manutentori per evitare il fermo impianto. Sarebbe perciò una perdita di informazione pesante attribuire al guasto il “nessun effetto”.

L’Ordine di lavoro nella gestione informatizzata della Manutenzione – parte 1

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Lo strumento informatico a supporto del “Progetto Manutenzione” è imprescindibile e costituisce condizione necessaria di successo. Necessaria, non anche sufficiente, in quanto si tratta come appena detto di uno strumento. Esso deve pertanto essere calato in un ambiente dotato di sufficiente cultura di Manutenzione e maturità aziendale. L’emissione della Richiesta di Lavoro è il momento chiave per cogliere e capitalizzare il prezioso contenuto informativo che scaturisce dall’insorgere alla consuntivazione di un evento manutentivo, programmato o non programmato.

Prima di affrontare l’argomento riteniamo utile cercar di chiarire in cosa consiste la gestione informatizzata della Manutenzione. Riferiamoci come sempre (quando è possibile), alla normativa UNI. La Norma è la 10584 – 1997 e la definizione è la UNI 10584.3.1 Essa recita:

Sistema Informativo di Manutenzione (SIM): complesso di norme, procedure e strumenti atti ad accogliere ed elaborare le informazioni necessarie per la gestione delle attività di manutenzione e per il monitoraggio dell’attività degli impianti.

La definizione è sintetica ma, come tutte le definizioni tecnico/scientifiche (perché di questo si tratta), ogni parola va pesata in valore assoluto. E’ vero che dal 1997 a oggi l’informatica ha compiuto tali passi che le prestazioni ottenibili da parte di un SW di normale caratura sono decisamente ordini di grandezza superiori a quelle ottenibili alla data della stesura della Norma stessa, ma i principi concettuali e di buona applicazione sono invariati. A dimostrazione, solo apparentemente paradossale, di quanto appena detto, è interessante notare che la Norma, nel definire il SIM, NON pone come un “must” la gestione informatizzata del medesimo. A pag. IV della Norma, punto 1 – SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE – si legge infatti: la presente norma individua e descrive le peculiarità del sistema informativo di manutenzione (SIM) sotto il profilo logico, procedurale e organizzativo, prescindendo dal sistema di supporto, che può essere realizzato anche in forma cartacea [ ..omissis…].

In pratica, è fondamentale che ci sia una consolidata organizzazione della manutenzione, nel cui ambito le informazioni descrittive della “storia” dei beni manutenuti siano sistematicamente raccolte e organizzate in forma codificata, ripetitiva e agevolmente consultabile; ciò al fine di poter prendere decisioni, progettare contromisure, stabilire priorità etc etc su basi analitiche-oggettive.

Ciò chiarito, il “può” concesso da UNI al cartaceo indica una possibilità ormai solo teorica o al massimo propedeutica/sperimentale. UNI lo ha doverosamente puntualizzato per coprire tutti i possibili scenari, purchè ci siano comunque dati “intelligenti” da elaborare e interpretare.

Il SIM presuppone quindi scelte / decisioni organizzative, tecniche e gestionali che vengono, anzi, devono venire ben prima del sistema di supporto, ovvero prima dello strumento e indipendentemente dalle sue prestazioni. Pertanto, al di là dell’atteggiamento giustificatamente “asettico” da parte di UNI, lo strumento per rendere efficacemente operativo il SIM non può che essere informatico. Il mondo anglosassone usa l’acronimo CMMS, che sta per Computerized  Maintenance Management System. Ancora una volta gli acronimi anglosassoni sono più incisivi: nello specifico il contenuto “vero” sta nei termini Management System

Così come la Cultura di Manutenzione è un di cui della padronanza del sistema produttivo definita “Maturità Aziendale”, analogamente il CMMS è collocabile come sottoassieme (strategico !) di un sistema gestionale più ampio, classificato come EAM (Enterprise Asset Management), che quasi sempre si avvale della sinergia di più SW ed ha come missione la gestione del Life Cycle o Ciclo di vita dei beni.

E’ interessante arrivare alla conclusioni su cos’è il CMMS proponendo anche una riflessione sull’acronimo francese, GMAO, ovvero Gestion de la Maintenance Avec l’ Ordinateur, dove (ovviamente) Ordinateur sta per Computer. L’espressione francese ha il grande pregio di sottolineare la natura “strumentale” dell’apparecchio, finalizzata ad ordinare i dati in modo idoneo all’uso che se ne vuole fare. Effettivamente, per quanto supportato in maniera anche formidabile dallo strumento, il momento della trasformazione delle informazioni in conoscenze e da conoscenze in decisioni, è esclusiva prerogativa dei professionisti della manutenzione.

Il fabbisogno di manutenzione: dove intervenire e come procedere.

Come anticipato in apertura del presente articolo, l’insorgere di un fabbisogno di manutenzione è già di per sé un’informazione preziosa, informazione a cui fanno seguito tutte le successive, quelle relative alle attività messe in atto per soddisfare detto fabbisogno. Il “fabbisogno” può essere sia di manutenzione Programmata che Correttiva (non programmata; a guasto). La Richiesta-Ordine di Lavoro a cui ci riferiremo nel presente articolo viene emessa nel dominio della Manutenzione Ordinaria (Budget “a spese”), in quanto le attività di Manutenzione Straordinaria (salvo casi molto specifici) sono di norma progetti su investimento e in ogni caso gestiti con Software specifici per i progetti.

Una corretta mappatura del percorso genera un corredo informativo che, se ben organizzato, permette di gestire analiticamente (su basi numeriche) tutta la filiera, nonchè di ricavare informazioni oggettive per supportare decisioni tecniche ed organizzative e verificarne i risultati.

La corretta gestione informatizzata della manutenzione si fonda dunque su due poli strategici: l’Equipment Tree, che deve permettere di individuare univocamente dove scaturisce il fabbisogno e la Richiesta / Ordine di Lavoro che, emessa all’insorgere di un fabbisogno di manutenzione e  riferita univocamente all’oggetto di manutenzione, permette di qualificare e quantificare tutte le informazioni che descrivono l’intervento manutentivo. Il tutto in forma codificata, “interrogabile” da ogni angolazione e con modalità tali che i dati possano essere confrontabili nel tempo tra loro e con altri dello stesso settore merceologico (possibilità di benchmarking).

L’Equipment Tree 

Prima di progettare la “maschera” di emissione della RdL/OdL è dunque indispensabile “insegnare” al CMMS come rispondere al primo quesito, il più istintivo, di chi emetterà e di chi processerà il segnale di fabbisogno. Il quesito è “DOVE” ovvero dove è necessario intervenire.

Definire “DOVE” in modo semplice, univoco, tracciabile e tracciato, correlabile ad altre famiglie tecniche in funzione di parametri specifici è la parte più delicata dell’implementazione del CMMS: non si può sbagliare, pena il trascinamento pressoché irreversibile di “peccati originali” pesantemente invalidanti dell’uso e delle prestazioni del CMMS e di difficile se non addirittura impossibile rimozione una volta strutturato il tutto in un certo modo.

Di solito questa fase è supportata da consulenza specialistica, ma NON in informatica (quasi sempre già ampiamente presente): serve consulenza specialistica in Ingegneria di Manutenzione. E’ pessima consuetudine infatti che i CMMS vengano implementati nella loro struttura generale ed a scopi prettamente amministrativi, rimandando a tempi successivi l’implementazione dei cosiddetti “Moduli Tecnici”.

L’implementazione del CMMS va fatta invece con priorità alle esigenze dei moduli tecnici. Se funziona la parte gestionale, al massimo si prende atto di una situazione (effetti delle disfunzioni). Se funziona anche la parte tecnica, oltre a prendere atto della situazione si ricavano le conoscenze per migliorarla (cause delle disfunzioni). Nessuno potrà mai ridurre i costi (senza fare danni anche maggiori), a meno che non ne conosca le origini effettive ed agisca – o meglio, sappia agire – solo su quelle.

Senza entrare nel dettaglio delle tecniche di realizzazione dell’Equipment Tree, precisiamo soltanto che l’Ingegneria di Manutenzione seguirà comunque una logica gerarchica del tipo Padre-Figli-Nipoti  e fermerà la scomposizione ad albero (da cui il nome) al livello di dettaglio minimo indispensabile. Trattando della maschera di emissione RdL/OdL vedremo poi come mappare anche i componenti elementari senza appesantire l’anagrafica degli impianti.

Per chiarire meglio quanto sopra, riportiamo in Figura 1 l’Equipment Tree di un ipotetico carroponte da parco rottami (acciaieria) con benna-ragno  ad azionamento oleodinamico (a spicchi). Il principio da seguire è la “riproduzione del processo che la macchina deve compiere, chiedendosi cosa deve funzionare correttamente e contemporaneamente affinchè il processo abbia luogo.

Relativamente al Carroponte, vediamo che il suo “processo” consiste nell’afferrare del rottame e spostarlo in uno spazio tridimensionale. Occorre quindi che funzionino i 4 sottoassiemi fondamentali posti al secondo livello, ciascuno preposto ad un tipo di spostamento.  A propria volta, ogni sottoassieme può funzionare se funzionano le apparecchiature che lo compongono, poste al terzo livello rispetto al livello individuato come primo. Logicamente, se a livello aziendale si decide che il codice di primo livello sia quello dello Stabilimento, al secondo livello ci sarà l’Impianto, poi la linea ed infine la macchina. La codifica sarà sequenziale, in logica gerarchica, sicuramente recuperando i codici esistenti ma non perdendo la descrizine sintetica del processo.

La scomposizione può proseguire all’infinito o quasi, ma si sconsiglia vivamente di appesantire l’ET oltre il minimo indispensabile.

f1Figura 1. Esempio didattico di Equipment Tree

 

Survey su livello di maturità dei processi di manutenzione

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Relazione annuale di Festo Consulting relativa alla importante attività di Survey sui processi di manutenzione, ad un anno dall’avvio della raccolta delle autovalutazioni, coordinata e presentata dall’ing. Graziano Perotti.

La survey ha coinvolto 150 siti produttivi italiani, coinvolgendo Direttori di stabilimento, Direttori industriali e tecnici, Manager di manutenzione. Si può accedere al questionario di autovalutazione dal sito Maintaudit.com .

Tabelle riassuntive delle risposte alle domande specifiche del questionario di autovalutazione.

fig.5

fig.6

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fig.8

fig.9

fig.10

Pubblicata la norma UNI EN 15628 “Qualifica del personale di manutenzione”

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News da UNI

E’ stata pubblicata la norma UNI EN 15628:2014, col titolo “Manutenzione – Qualifica del personale di manutenzione”, entrata in vigore il 23 ottobre 2014.

La presente norma è la versione ufficiale della norma europea EN 15628 (edizione agosto 2014).
La norma specifica la qualifica del personale in relazione ai compiti da svolgere nel contesto della manutenzione di impianti, infrastrutture e sistemi di produzione.
Nella presente norma, la manutenzione di impianti ed edifici è inclusa in termini di aspetti tecnici dei servizi.
Essa costituisce una guida per definire le conoscenze, le abilità e le competenze necessarie per la qualifica del personale addetto alla manutenzione.
La norma tratta le seguenti figure professionali nell’organizzazione di manutenzione:
– Tecnico specialista di manutenzione;
– Supervisore dei lavori di manutenzione e/o ingegnere di manutenzione;
– Responsabile della manutenzione (Responsabile del servizio o della funzione manutenzione).
La norma non specifica i criteri di verifica né la formazione specialistica del personale, che è correlata allo specifico settore merceologico.

Norma UNI EN 15628 sulla qualifica del personale di manutenzione

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È stata pubblicata dall’UNI ed è in vigore dal 23 ottobre 2014 la norma UNI EN 15628:2014 dal titolo “Manutenzione – Qualifica del personale di manutenzione”. Si tratta della versione ufficiale in lingua inglese della norma europea EN 15628 (edizione agosto 2014).

La norma specifica la qualifica del personale in relazione ai compiti da svolgere nel contesto della manutenzione di impianti, infrastrutture e sistemi di produzione.

Si noti come, nelle indicazioni della norma, la manutenzione di impianti ed edifici è inclusa in termini di aspetti tecnici dei servizi.

Il testo costituisce una guida per definire le conoscenze, le abilità e le competenze necessarie per la qualifica del personale addetto alla manutenzione.

L’Italia, in anticipo rispetto alle altre nazioni europee, aveva già realizzato la norma nazionale UNI 11420 “Manutenzione – Qualifica del personale di manutenzione”, nata appunto con l’obiettivo di definire, nell’ambito della manutenzione, quali sono le conoscenze, le abilità, le competenze e i requisiti formativi necessari per acquisire un livello specifico di qualifica professionale che consente di ricoprire un determinato ruolo all’interno dell’organizzazione.

Per entrare più nel dettaglio va detto che la norma considera tre figure professionali:

  • lo specialista di manutenzione (preposto e/o operativo)
  • il supervisore dei lavori di manutenzione e/o ingegnere di manutenzione
  • il responsabile del servizio o della funzione manutenzione.

Questa gerarchia su tre livelli può variare in funzione delle dimensioni e dalla struttura dell’azienda. L’obiettivo del gruppo di lavoro era infatti quello di pervenire a una norma che potesse essere applicata da qualsiasi realtà aziendale che intendesse qualificare il proprio personale addetto alla manutenzione.
La norma non è rivolta ai manutentori che operano a livelli inferiori rispetto alle figure sopraindicate.

Ovviamente con la pubblicatazione della norma europea UNI EN 15628, la precedente norma nazionale UNI 11420 è stata ritirata dal mercato. Rimane la soddisfazione e l’ orgoglio del fatto che il contributo italiano alla definizione del nuovo documento sia stato assolutamente determinante.

Saluto del Presidente

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GittarelliLa genesi dell’ Associazione risale al 2011, quando è stata pubblicata la Norma UNI 11420 “Manutenzione – Qualifica del personale di manutenzione”, alla stesura della quale avevo partecipato attivamente come componente della Commissione UNI    Manutenzione.
Scopo della Norma UNI 11420 è quello di definire le conoscenze, le abilità e le competenze necessarie per acquisire uno specifico livello di qualifica professionale nella manutenzione.
Sulla base della norma e con il contributo dei partner europei, è stata poi preparata la norma EN 15628 di prossima pubblicazione. Successivamente alla norma UNI, l’ente CICPND ha pubblicato il Regolamento N° 299 per la certificazione delle competenze di manutenzione, suddividendo le professioni in tre livelli:

  • Specialista di manutenzione (Livello 1)
  • Supervisore e/o ingegnere di manutenzione (Livello 2)
  • Responsabile di manutenzione (Livello 3)

Infine ACCREDIA ha accreditato il processo per la certificazione delle figure professionali previste dal Regolamento CICPND. Il riconoscimento del processo di certificazione da parte di ACCREDIA ha fatto si che, finalmente, oggi si possa parlare di “professione“ del manutentore.

Nasce quindi l’esigenza di una Associazione in grado di rispondere puntualmente alle esigenze di rappresentanza (anche pubblica e formale) e di riconoscimento di una professione basilare nella gestione dei processi industriali, delle infrastrutture (porti, autostrade, aeroporti), delle facilities e delle utilities (e della loro relativa efficienza energetica).

Asso.E.Man. nasce pertanto con lo scopo primario di valorizzare e promuovere le figure degli Esperti nella Manutenzione certificati.
La certificazione professionale deve basarsi su protocolli ufficiali accreditati ACCREDIA e che operino in conformità alla norma ISO 17024.

Il Consiglio Direttivo dell’associazione sarà in carica per tre esercizi. Primo compito del Consiglio sarà la composizione di un Comitato Scientifico e la formazione di organismi tecnici consultivi. Riteniamo inoltre di vitale importanza la creazione di partnership e di collaborazioni con altre Associazioni, Imprese Private, Enti, Università e Centri di diffusione della Cultura della Manutenzione, in Italia e all’estero.

Perché una nuova associazione di manutenzione ?
Asso.E.Man. nasce principalmente come rappresentante e portavoce del personale di manutenzione che intende valorizzare la propria professionalità. Per questo motivo prevediamo due modalità associative:

  • I Soci ordinari, cioè i professionisti della manutenzione in possesso di una certificazione accreditata
  • I Soci affiliati, cioè coloro che (anche se non certificati) sono comunque esperti di manutenzione riconosciuti dal Consiglio Direttivo della associazione

A nome dei soci fondatori e del Consiglio Direttivo sono pertanto lieto di invitare ad associarsi tutti coloro che hanno passione e visione “alta” del ruolo della manutenzione.
Ci accumunerà la volontà di essere portatori di alcuni importanti valori sociali:

  • la cultura della conservazione, contrapposta alla cultura del disinteresse e dello spreco dei beni e della energia
  • l’attenzione al mantenimento del valore dei beni e delle risorse, nella prospettiva della sostenibilità
  • la propensione ad operare garantendo la sicurezza nel lavoro e la cura dell’ambiente

Francesco Gittarelli
Presidente Asso.E.Man